Un Breve ma intenso testo di una grande pensatrice Simone Weil ebrea cresciuta in una famiglia non religiosa che nel suo breve ma intenso percorso incontra l’amore di Dio manifestato in Cristo Gesù. Io la considero una mistica, un piccolo essere attraverso il quale Dio ci fa toccare sia l’abisso della miseria umana che il cielo. Questo brano va letto con calma e meditato.
“Se perseverando nell’amore si cade
fino al punto in cui l’anima non può più trattenere il grido: «Mio Dio, perché
mi hai abbandonato?», se si rimane in quel punto senza cessare di amare, si
finisce col toccare qualcosa che non è più la sventura, che non è la gioia, ma
è l’essenziale centrale, essenziale, pura, non sensibile, comune alla gioia e
alla sofferenza, cioè l’amore stesso di Dio.
A quel punto si comprende che la gioia è la dolcezza del contatto con l’amore
di Dio, che la sventura è la ferita del contatto stesso, quando esso è
doloroso, e ciò che importa è solo questo contatto, non il modo in cui
avviene.
Così, quando rivediamo un essere caro dopo una lunga assenza non importano le
parole che scambiamo con lui ma soltanto il suono della sua voce, che ci
assicura della sua presenza.
Il fatto di sapere che Dio è presente non consola, non toglie nulla alla
spaventevole amarezza della sventura, non guarisce la mutilazione dell’anima.
Ma sappiamo con certezza che l’amore di Dio per noi è la sostanza stessa di
questa amarezza e di questa mutilazione”. ( Simone Weil:
Attesa di Dio)