Padre Alberto Ferri

3° settimana di Pasqua Giovedì Padre Alberto FerriCarissimi, Buona giornata. Oggi vorrei proporvi come riflessione una pagina di una lettera di un missionario comboniano mio compaesano l’unico comboniano di Cologno al Serio, io sarei dovuto essere il secondo ma sapete come è andata. E’ stato un grande missionario, umile, innamorato di Dio, della sua parola e della gente dell’Equador dove ha speso tutta la sua vita missionaria. Le sue lettere sono state raccolte in un libro ( ora fuori catalogo) dell’editrice missionaria Una chiesa sui fiumi, lettere semplici piene di umanità e fede. Credo possa fare del bene anche a voi come lo ha fatto a me.A Paolo Viche 11 marzo 1975Credo proprio che il tempo più appropriato per rispondere alla tua carissima lettera sia quello che stiamo vivendo ora in maniera più forte: il tempo della Pasqua, della risurrezione dei Signore, che è anche tempo di gioia. (…) A me piace tanto il brano del vangelo dove si parla dei due discepoli del Signore che scappano a Emmaus e uno sconosciuto si fa loro vicino e lungo il cammino i loro cuori, che prima erano chiusi, diffidenti, tristi, si aprono e riconoscono nel loro compagno di viaggio il Signore.E’ la nostra vita, Paolo, davvero è la nostra vita. Non hai mai provato a camminare per un sentiero e a incontrarti con qualche sconosciuto che ha la tua stessa meta? Come si diventa fratelli presto, camminando insieme verso un’unica meta? Mi è capitato molte volte nei miei viaggi missionari e camminando insieme, finisce sempre che quello che prima per me era uno sconosciuto, ti invita nella sua capanna a mangiare una banana o un uovo. Prima non ci conoscevamo ed eravamo diffidenti l’uno verso l’altro, poi ci siamo lasciati da grandi amiconi. Ti auguro di cuore di fare questa esperienza. (…)Mi dispiace di averti deluso col mio ottimismo, caro Paolo, ma non ne posso fare a meno. Proprio ieri sera io e la mia gente abbiamo meditato sulla Parola di Dio nella riunione eucaristica. Era il brano di Isaia 65, 17-21. Ti vorrei pregare di leggerlo. A me e alla mia gente ha insegnato molto. Il Signore qui come in tutta la Bibbia, dimostra un ottimismo che fa paura; parla, come se niente fosse, di cieli nuovi, terra nuova, dove regna la giustizia, l’amore, la vita lunghissima, la pancia piena, la mancanza di malattia e tutto il resto. Con la mia povera gente ho pensato a queste cose che dice il Signore e ci è stato di molta utilità. Abbiamo pensato al sogno del Signore, al suo ottimismo e alla nostra speranza. Se questa è la “mentalità” del Signore, perché dovrebbe essere diversa la mia? Oltre al resto ho imparato ad essere ottimista e allegro a contatto con la mia gente. Una delle impressioni più tristi che ho avuto quando sono rientrato in Italia dopo sette anni di missione, fu proprio la tristezza e la chiusura che vedevo sulle facce della gente in Europa, gente che pur avendo tutto, era continuamente insoddisfatta di se stessa, della sua civiltà, insomma del suo mondo e dei suoi simili. Abituati qui a salutarci con gioia e con calore, a sorriderci gli uni agli altri, ad essere contenti col poco o pochissimo che si ha, ad amare la vita anche se dura e molto dura, ripetevo in Italia questi atteggiamenti e penso proprio che diversi mi abbiano preso per scemo, dal modo con cui mi guardavano. Certo motivi di tristezza e motivi di disperazione (= mancanza di speranza) ne avremmo tutti. Ma questo oltre ad essere mancanza di fiducia nel Dio che guida tutte le cose e noi fratelli, è anche molto comodo: la disperazione e il pessimismo ci tappano gli occhi, ci tolgono le ali e ci fanno rinchiudere in noi stessi, dicendoci che non c’è nulla da fare. Bene, Paolo, queste cose che ti ho buttato giù così in fretta io le sento davvero e per questo che te le ho dette. Oltre al resto la risurrezione del Signore ci è proprio di spinta all’allegria, all’ottimismo cristiano. Forse ti fa ridere quando il Signore dice “Io ho vinto il mondo” e per “mondo” sai cosa vuol dire il Signore. E questo ha avuto il coraggio di dirlo, prima che lo prendessero e gli facessero passare quel poco di cose che ha passato e sapendo bene cosa lo aspettava. Ce ne vuole davvero del coraggio, caro Paolo, ed è lo stesso coraggio che il Signore vuole da noi. Ora tri saluto, Paolo e ti auguro una Pasqua gioiosa e fiduciosa, nonostante tutto.Ti do un grosso abbraccio nel Signore risortoPer conoscere meglio Padre Ferri potete leggere la sua breve biografia a http://www.santiebeati.it/dettaglio/96907Se sapete un po’ di spagnolo ecco un video su padre Alberto https://vimeo.com/channels/238554/40963126

Pubblicato da Comunità Pastorale Sorico, Gera e Montemezzo su Mercoledì 29 aprile 2020

Carissimi, Buona giornata.

Oggi vorrei proporvi come riflessione una pagina di una lettera di un missionario comboniano mio compaesano l’unico comboniano di Cologno al Serio, io sarei dovuto essere il secondo ma sapete come è andata. E’ stato un grande missionario, umile, innamorato di Dio, della sua parola  e della gente dell’Equador dove ha speso tutta la sua vita missionaria. Le sue lettere sono state raccolte in un libro ( ora fuori catalogo) dell’editrice missionaria Una chiesa sui fiumi, lettere semplici piene di umanità e fede. Credo possa fare del bene anche a voi come lo ha fatto a me.

A Paolo  Viche 11 marzo 1975

Credo proprio che il tempo più appropriato per rispondere alla tua carissima lettera sia quello che stiamo vivendo ora in maniera più forte: il tempo della Pasqua, della risurrezione dei Signore, che è anche tempo di gioia. (…) A me piace tanto il brano del vangelo dove si parla dei due discepoli del Signore che scappano a  Emmaus e uno sconosciuto si fa loro vicino e lungo il cammino i loro cuori, che prima erano chiusi, diffidenti, tristi, si aprono e riconoscono nel loro compagno di viaggio il Signore.

E’ la nostra vita, Paolo, davvero è la nostra vita. Non hai mai provato a camminare per un sentiero e a incontrarti con qualche sconosciuto che ha la tua stessa meta? Come si diventa fratelli presto, camminando insieme verso un’unica meta? Mi è capitato molte volte nei miei viaggi missionari e camminando insieme, finisce sempre che quello che prima per me era uno sconosciuto, ti invita nella sua capanna a mangiare una banana o un uovo. Prima non ci conoscevamo ed eravamo diffidenti l’uno verso l’altro, poi ci siamo lasciati da grandi amiconi. Ti auguro di cuore di fare questa esperienza. (…)

Mi dispiace di averti deluso col mio ottimismo, caro Paolo, ma non ne posso fare a meno. Proprio ieri sera io e la mia gente abbiamo meditato sulla Parola di Dio nella riunione eucaristica. Era il brano di Isaia 65, 17-21. Ti vorrei pregare di leggerlo. A me e alla mia gente ha insegnato molto. Il Signore qui come in tutta la Bibbia, dimostra un ottimismo che fa paura; parla, come se niente fosse, di cieli nuovi, terra nuova, dove regna la giustizia, l’amore, la vita lunghissima, la pancia piena, la mancanza di malattia e tutto il resto. Con la mia povera gente ho pensato a queste cose che dice il Signore e ci è stato di molta utilità. Abbiamo pensato al sogno del Signore, al suo ottimismo e alla nostra speranza. Se questa è la “mentalità” del Signore, perché dovrebbe essere diversa la mia? Oltre al resto ho imparato ad essere ottimista e allegro a contatto con la mia gente. Una delle impressioni più tristi che ho avuto quando sono rientrato in Italia dopo sette anni di missione, fu proprio la tristezza e la chiusura che vedevo sulle facce della gente in Europa, gente che pur avendo tutto, era continuamente insoddisfatta di se stessa, della sua civiltà, insomma del suo mondo e dei suoi simili. Abituati qui a salutarci con gioia e con calore, a sorriderci gli uni agli altri, ad essere contenti col poco o pochissimo che si ha, ad amare la vita anche se dura e molto dura, ripetevo in Italia questi atteggiamenti e penso proprio che diversi mi abbiano preso per scemo, dal modo con cui mi guardavano. Certo motivi di tristezza e motivi di disperazione (= mancanza di speranza) ne avremmo tutti. Ma questo oltre ad essere mancanza di fiducia nel Dio che guida tutte le cose e noi fratelli, è anche molto comodo: la disperazione e il pessimismo ci tappano gli occhi, ci tolgono le ali e ci fanno rinchiudere in noi stessi, dicendoci che non c’è nulla da fare. Bene, Paolo, queste cose che ti ho buttato giù così in fretta io le sento davvero e per questo che te le ho dette. Oltre al resto la risurrezione del Signore ci è proprio di spinta all’allegria, all’ottimismo cristiano. Forse ti fa ridere quando il Signore dice “Io ho vinto il mondo” e per “mondo” sai cosa vuol dire il Signore. E questo ha avuto il coraggio di dirlo, prima che lo prendessero e gli facessero passare quel poco di cose che ha passato e sapendo bene cosa lo aspettava. Ce ne vuole davvero del coraggio, caro Paolo, ed è lo stesso coraggio che il Signore vuole da noi. Ora tri saluto, Paolo e ti auguro una Pasqua gioiosa e fiduciosa, nonostante tutto.

Ti do un grosso abbraccio nel Signore risorto

Per conoscere meglio Padre Ferri potete leggere la sua breve biografia a http://www.santiebeati.it/dettaglio/96907

Se sapete un po’ di spagnolo ecco un video su padre Alberto https://vimeo.com/channels/238554/40963126

Ps. Guardando l’immagine di padre Albero qualcuno si domanderà su quella che sembra un’aureola. Questa è l’immagine che la famiglia ha fatto stampare per gli amici e familiari era normale senza niente ma quando il fotografo le ha stampate sono uscite così, per me è un segno della sua santità e per la gente dell’Equador è santo. Un santo della porta accanto

Categorie: Riflessioni